giovedì 23 giugno 2011

Lo strano arresto di Ai Weiwei il dissidente pop

di Francesco Bonami
da Il Riformista - Sabato, 6 novembre 2010
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/291625/ <http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/291625/>
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. L’artista, dissidente, polemista, provocatore Ai Weiwei è stato, si potrebbe dire “finalmente” messo agli arresti domiciliari nella sua casa bunker nella periferia nord di Pechino.

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. L’artista, dissidente, polemista, provocatore Ai Weiwei è stato, si potrebbe dire “finalmente” messo agli arresti domiciliari nella sua casa bunker nella periferia nord di Pechino. Perché “finalmente”? Perché sembrava impossibile che una figura cosi prominente e così apertamente contraria ai metodi del governo cinese potesse essere lasciata circolare senza problemi. Lo avevano già bacchiolato un paio di volte mandandolo quasi all’altro mondo, ma arrestato Ai Weiwei non era stato mai. Lo avevo incontrato in un’intervista per questo giornale in Corea del Sud in occasione della biennale d’arte. Devo dire che non mi aveva particolarmente impressionato per la sua chiarezza d’idee. Il discorso girava intorno alla libertà di parola, ma mai c’era stato un affondo finale che potesse dare a questo artista, recentemente celebrato con una mega installazione alla Tate Modern di Londra, un vero spessore da dissidente doc. Infatti anche il recente arresto domiciliare, pur fatto in modo spettacolare, non sembra avere nulla di drammatico. Ai Weiwei continua a poter parlare al telefono, rilasciare interviste e twittare quanto gli pare. Prima che diventasse dissidente, quando l’avevo incontrato attorno al 2006 proprio nella casa dove ora è confinato, la voce che circolava attorno a lui era quella di una persona molto attenta alla propria immagine e alla propria carriera. D’altronde non meraviglia che per promuovere le due cose, immmagine e carriera, Mr. Ai utilizzi lo strumento della dissidenza dolce. Non mi pare che mai, ad esempio, abbia preso posizioni troppo radicali per la questione del Tibet. Anche le autorità in fondo giocano con questo personaggio che da una parte porta lustro alla Cina, è stato uno dei progettisti del famoso stadio delle Olimpiadi prima di prenderne le distanze perché le autorità (ma guarda che sorpresa!) avevano trasformato i Giochi in uno strumento di propaganda politica. Il recente arresto pare un po’ un’ennesima mossa di questo gioco del gatto e del topo che poi vanno al bar a bere uno spritz insieme. Infatti lo scorso anno le autorità di Shanghai avevano chiesto all’artista architetto di costruire il suo studio in un quartiere industriale per dare il via a un progetto di rivalutazione della zona. Poi all’improvviso, finito l’edificio, qualcuno ha deciso che non poteva più esserci e le stesse autorità committenti hanno ordinato ad Ai Weiwei di buttarlo giù. Davanti a questa assurda decisione l’artista ha deciso di trasformare la demolizione in un grande evento di protesta pop più che popolare che doveva proprio avvenire oggi. L’idea non è andata giù ai politici locali che rischiavano di essere sputtanati davanti al mondo. Cosi ecco che è scattato il blocco di Ai Weiwei. Pare che le forze di polizia, andate a circondare la casa intimandogli gli arresti domiciliari, si siano scusate molto per essere costrette a questa azione nei suoi confronti. A occhio e croce non credo che Ai Weiwei abbia intenzione di competere con Liu Xiaobo, il Nobel per la pace, condannato a undici anni di galera vera, non casalinga. Liu Xiaobo è un vero sovversivo per le autorità cinesi mentre Ai Weiwei sembra essere più un diversivo. Nessuno credo si sia mai scusato con il Nobel per averlo sbattuto in galera. Ascoltando quello che mi diceva l’artista nella recente intervista, mi è parso di capire che lui voglia imbarazzare il potere con polemiche sulla burocrazia e sulla libertà di “chattare” più che su quella di parola. Ai Weiwei vuole obbligare il potere a dare ai cittadini il diritto di parlare dei problemi più che il diritto di risolverli o di non avere problemi. Anche nel caso della demolizione dello studio l’artista lamenta l’impossibilità di discutere della questione magari per arrivare alla stessa conclusione, la demolizione. Anziché incatenarsi alla porta dell’edificio, Ai Weiwei ha organizzato una sorta di festival musicale confermando la sua tendenza un po’ sospetta a voler spettacolarizzare la dissidenza più che approfondirla rischiando di essere buttato in un carcere di massima sicurezza. Ai Weiwei, viene voglia di chiedere, ci fai o ci sei?

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