giovedì 23 giugno 2011

Lettera di Gianni Mercurio al Sole 24 Ore

10 febbraio 2010


Egregio direttore Gianni Riotta,

le scrivo in merito alla recensione a firma Angela Vettese della mostra di Roy Lichtenstein da me curata alla Triennale di Milano, pubblicata da Il Sole 24 ore domenica 7 gennaio Nel pieno rispetto del diritto di critica vorrei replicare ad alcune affermazioni inesatte sulle quali la giornalista basa il suo articolo.

1) Si afferma che la mostra è stata realizzata con “opere relativamente tarde”. Questo è falso e facilmente dimostrabile. In mostra infatti (calcolando solo i dipinti, che sono evidentemente il nucleo più importante) sono presenti:
5 lavori degli anni 50
13 lavori degli anni 60
32 lavori degli anni 70 (questa fu la decade più prolifica per Lichtenstein)
16 lavori degli anni 80
2 lavori degli anni 90 (verso la metà degli anni 90 Lichtenstein si ammalò e morì nel 1997, in questa decade la sua produzione è stata limitata)

2) A proposito delle opere presenti alla Triennale si legge: “Solo alla fine della mostra, purtroppo, vediamo qualcosa del suo modo di operare più noto e più divertente, … non incontriamo i quadri mitici con i baloons, le biondine disperate, …gli uomini con la mascella forte…”. Desumo che la giornalista si riferisca ai celebri “cartoons”. Viene tuttavia difficile pensare che le sia sfuggito che Lichtenstein ha realizzato i suoi i cartoons nell’arco di soli tre anni, mentre le sua produzione si estende per oltre cinquant’anni. Soprattutto viene difficile pensare che le possa essere sfuggito il tema della mostra, incentrata sul suo particolare modo di Lichtenstein di percepire la storia dell’arte e dunque il rapporto con i maestri del modernismo. In altre parole, l’esclusione di certe celebri opere, i fumetti appunto, è una precisa scelta. Mi preme sottolineare in proposito che la mostra è stata coprodotta con il Museum Ludwig di Colonia, uno dei più prestigiosi al mondo, che ha partecipato con il prestito di un numero cospicuo di dipinti. Il Ludwig, che ospiterà l’esposizione dopo Milano, avrebbe potuto facilmente assicurare questo tipo di opere, possedendone molte nella sua collezione. Queste opere di cui il suo giornale lamenta l’assenza, per coerenza con il concept della mostra, non saranno esposte neanche a Colonia.

3) La giornalista parla di mostra “blockbuster” e accusa la Triennale “di apprezzare i grandi numeri ma non l’impianto scientifico”. Se avessi voluto realizzare una “mostra blockbuster”, senza stare a sottilizzare troppo su questioni critiche e scientifiche, avrei incluso appunto le opere (i “fumetti”) per cui Lichtenstein è conosciuto al grande pubblico. Ho operato una scelta coraggiosa sul piano critico e infatti la mostra sta avendo forti riscontri anche a livello internazionale.
A dimostrazione ancora di quanto corrette siano sul piano critico le mia scelte, ricordo che Roy Lichtenstein, in una intervista a Kerstin Ross per la National Gallery of Art di Washington, dichiarò: “even today people do identify me with Pop. I’m sure many still think I’ve only done the comics and the dots, but then people do not deal with art seriosly enough. The general response is rather superficial..” Quanto basta per smentire le opinioni di chi ha recensito la mostra sul suo giornale.

4) Scrive ancora la giornalista: “La sua fondazione (Lichtenstein) non poteva favorire il prestito di opere troppo rare, sta preparando una grande mostra  per il 2011 organizzata dall’Art Institute of Chicago e dalla Tate Modern di Londra….” Ancora una volta si offre al lettore una considerazione errata muovendo da una notizia non corretta. La mostra a cui fa riferimento è prevista infatti (ma non ancora confermata) per il 2012 e non il 2011. È la prima volta che una mostra ideata e prodotta in Italia verrà presentata al Museo Ludwig, diretto da un protagonista dell’arte contemporanea del dopoguerra, il professor Kasper Koenig. In quanto alla Fondazione, non solo questa ha fatto proprio il mio progetto, mettendo a disposizione tutte le opere richieste, ma mi ha anche aperto i suoi archivi  e coadiuvato con il suo personale per quasi due anni. Questo proprio perché il taglio innovativo della mostra offre un contributo nuovo all’interpretazione dell’estetica di Lichtenstein.

Vettese conclude il suo articolo dicendo che dobbiamo “accontentarci” di mostre di questo tipo. Alla luce dei dati che le fornisco in questa lettera: le sembra questa una mostra di cui ci si deve accontentare o la ritiene piuttosto una mostra di cui Milano dovrebbe andare orgogliosa?

Fortunatamente non la pensano come la giornalista autrice della recensione gli oltre 15.000 visitatori che finora, stando pazientemente in fila, hanno visitato e gradito l’esposizione.

Un’ultima considerazione: negli Stati Uniti, che frequento per questioni inerenti al mio lavoro, chi recensisce le mostre sulla stampa non specializzata e a larga tiratura non è sua volta curatore di mostre. In questo modo si garantisce al lettore che il recensore non sia in concorrenza con chi è recensito. La giornalista che ha scritto della mostra è un’abituale curatrice di iniziative espositive (peraltro nella stessa città in cui ha luogo la mostra di Lichtenstein). Se si limitasse a commentare le mostre curate dagli altri, le sue sviste sarebbero percepire in maniera diversa da come, a me e a molti altri, sono apparse, in questa come in altre occasioni.

Ho il piacere di inviarle il catalogo. Se avrà tempo di sfogliarlo, potrà giudicare la scientificità o meno della mostra.

Sono comunque onorato dello spazio che il suo prestigioso giornale ci ha dedicato, in particolare mi ha fatto molto piacere vedere pubblicata in prima pagina, con così tanto risalto, la riproduzione di un’opera in mostra.

Con stima.

Gianni Mercurio

Roma, 10 febbraio 2010

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